Negli ultimi tempi mi sono soffermata sulla frase-tipo “ci sentiamo con calma” che spesso e volentieri utilizzo con i dovuti adattamenti per  concludere un discorso, una telefonata o un semplice e occasionale saluto per strada, quando, per esempio, ho fretta di andare a lavoro, di tornare a casa, di fare la spesa, di correre a scuola da Giulio.

E guardandomi dall’esterno mi sono vista immersa nella mia quotidiana fretta di essere sempre altrove rispetto a dove sono. Così, se mi trovo a scuola di Giulio a parlare con qualcuno di qualcosa, rimando ad approfondimenti con un  “ne parliamo con calma”; se sono a lavoro e devo correre a casa, mi butto su un forse piu’ professionale “ci aggiorniamo con calma”; se sono a fare la spesa al mio negozietto, dove di solito si scambiano anche due chiacchiere con calma mentre io devo tornare a casa di fretta, con un “vado di corsa, poi ripasso con calma”; se devo chiudere una telefonata, tipo con mia madre, che a volte non ne vuole proprio sapere mentre io ho da fare qualcosa di un po’ impellente, con un familiare e forse più spazientito “va bene, dai, ci sentiamo con calma”.

Su questo fantomatico quanto inesistente momento di calma, mi pare proprio necessario che io ci rifletta un po’ su.

Lo faro’.

Si’, sicuramente. E non solo per dire, “ci pensiamo con calma”.

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