Ci sono poche cose che commuovono l’anima in maniera profonda. Poche cose, forse sempre le stesse, che a tratti si ritrovano nella vita nascoste in pagine diverse, in sguardi mutati, in situazioni differenti, in età variate. Eppure sempre e solo quelle, le cose che, quando le ritrovo, mi fanno sentire la vita dentro, che scorre nell’anima che sente, fortemente sente.
C’è che Proust uno se lo immagina lontano. Un distinto signore francese di un’altra epoca che, pertanto, che vuoi che abbia a che fare con quello che un uomo di oggi prova e sente nella vita. Un uomo con un solo cuore che a stento capisce, lì dove Proust sembra averli avuti tutti i cuori del mondo e, fino in fondo, santo Dio, capiti!
“Mio padre, non era possibile dirgli grazie; sarebbe stato irritarlo con ciò ch’egli chiamava svenevolezze. Restai lì senza osare muovermi; era ancora davanti a noi, grande nella sua camicia da notte bianca (…) Tanti anni sono passati da allora. Il muro delle scale, su cui vidi salire il riflesso della sua candela, non esiste più da un pezzo. In me pure si sono distrutte molte cose che credevo dovessero durare sempre, e ne son sorte di nuove, generando sofferenze e gioie nuove, che allora non avrei potuto prevedere, così come le antiche mi son divenute difficili a comprendere. Da molto tempo anche mio padre ha cessato di poter dire alla mamma: “Va’ col bambino”. La possibilità di ore simili non rinascerà mai per me. Ma, da qualche tempo, ricomincio a percepire assai bene, se tendo l’orecchio, i singhiozzi ch’ebbi la forza di trattenere davanti a mio padre, e che non scoppiarono se non quando mi ritrovai solo con la mamma. In realtà, non sono mai cessati; e solo perché la vita ora tace più spesso intorno a me, io li sento di nuovo, come quelle campane di conventi che i frastuoni delle città coprono così bene durante il giorno che si crederebbe ferme, ma riprendono a suonare nel silenzio della sera.”
“Alla ricerca del tempo perduto – La strada di Swann” Marcel Proust – Edizioni Einaudi – Traduzione di Natalia Ginzburg