Rientrare nella vita vera essendo stati nella vita vera che non è la vera vita è un’operazione che mi costa un brivido di freddo, come quando ci si butta nel mare dopo aver preso troppo sole. E’ qualcosa che mi affatica, mi lascia un vuoto dentro. Come aver tolto il tappo ad una vasca piena d’acqua calda. Che ci ha lavati, cullati, soavemente rigenerati e che nel gorgoglio a volte troppo vorticoso dell’acqua che scende via sempre più in fretta, ci lascia esposti all’aria, alla sensazione del freddo sulla pelle. E’ necessario recuperare qualcosa con cui asciugare le gocce che mi sono rimaste addosso. Ho necessità di asciugarmi e rivestirmi con i panni della mia realtà. Senza di loro una come me prende il volo. Sconfina in cieli troppo vasti. 

“E una volta che lo scrittore ci ha messo in questo stato, in cui, come in tutti gli stati puramente interiori, ogni emozione è aumentata del decuplo, in cui saremo turbati dal suo libro come da un sogno, ma un sogno più chiaro di quelli che facciamo dormendo, e che avrà più duraturo  ricordo, allora eccolo scatenare in noi per un’ora tutti i beni e  tutti i mali possibili; nella vita impiegheremmo anni a conoscerne alcuni, e i più intensi non ci sarebbero mai rivelati, perché la lentezza del loro determinarsi ce ne toglie la percezione (così il nostro cuore muta, nella vita, ed è questo il più grande dolore; ma noi non lo conosciamo che nella lettura, in fantasia: nella realtà muta, come certi fenomeni della natura, con lentezza sufficiente perché, se possiamo constatare successivamente ciascuno dei suoi stati differenti, per contro la sensazione stessa del mutamento ci sia risparmiata).”

“Alla ricerca del tempo perduto – La strada di Swann” Edizione Einaudi Traduzione di Natalia Ginzburg

 

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