Ma delle parolacce ne vogliamo parlare? L’argomento mi pare controcorrente benchè ci siano buone probabilità che rasenti in generale il banale, figuriamoci oggi che un ragionamento qualunque deve come minimo, per essere un tantino interessante, contenere doverosamente almeno un accenno agli argomenti del momento. Che so, basterebbe nominare la parola “vaccino”, soffermarsi qualche minuto su “campagna vaccinale”. Se poi proprio si volesse far colpo, spingersi sui nomi stranieri, introducendoli anche a caso nel discorso. Penso ad esempio al frizzantino e fresco “vaxzevria”, anche se mi pare che stenti ancora a decollare. Un po’ scioccamente, anche che si potrebbe degradare verso tag di interesse minore. Fare accenni a roba del tipo “trastuzumab”, spingersi fino al “pertuzumab”, arrivare al più semplice “taxolo”, tuttalpiù al suggestivo “exemestane”. Però, me ne rendo conto, oggi come oggi, nonostante l’indubbio richiamo esterofilo, non mi pare proprio che ci sia gara e alla fine, diciamocelo, mi sono allontanata bellamente dal concetto. Occorre tornare a quello che volevo dire, lo riconosco (questo brutto vizio di aprire aprire aprire parentesi e non chiuderle chiuderle chiuderle al punto che uno che legge una cosa non ci capisce più un tubo tanto che a volte mi dico che deve essere proprio quello l’intento di chi sta scrivendo, quello di non far capire un accidente di niente di quello che si vuol dire però io me lo chiedo cosa mai mi voglia significare, cioè ma che scrivi a fare se scrivi per non farti capire?) e dunque, fatemi un attimo raccapezzare e riprendere il filo di quello che volevo dire…Ah sì, che io proprio non mi rassegno a questa mania di infilare “cazzi” a casaccio un pò dappertutto. A mio figlio glielo dico sempre che le parolacce non si devono dire. Poi lo so che non sono l’esempio migliore visto che spesso mi capita di essere volgare. Di parolacce ne uso ahimè a profusione. Però Santo Iddio quando si scrive… che fastidio mi da questo volgare intercalare.