🖋Mi chiedevo oggi perché Don Chisciotte fosse diventato pazzo. Mi viene in aiuto come al solito Google lì dove trovo che lo stesso Cervantes, a proposito dell’origine della pazzia di Alonso Chisciano, spiega: “per il poco dormire e per il molto leggere gli si prosciugò il cervello, in modo che venne a perdere il giudizio”. Così alla ricerca di un collegamento letterario che in qualche modo si estenda a quella sorta di visionarietà che sembra caratterizzare la foga dell’apprendimento, quella indigestione, bulimia del sapere di cose, fatti, personaggi, persone, libri, opinioni, pensieri, citazioni, modi di dire, quel prologo cioè del sapere vero che, però, è anch’esso vero, quantomeno in quel livello di mondo nuovo dove la profondità si lascia per terra come un mucchietto di panni di cui ci si è svestiti quando ci si spoglia perché fa caldo. La sensazione sembrerebbe piacevole, come quella della brezza tiepida della primavera sulla pelle imperlata dalle gocce di sudore. Ci si potrebbe sentire leggeri, sicuramente molto più che impazziti come il povero Don Chisciotte della Mancia, povero eroe visionario e ridicolo nel mondo reale, lì dove della sua anima si può ridere e sorridere perché sempre semplice e scontato è il deridere chi non riesce a distinguere il falso dal vero, finanche ai tempi e ai livelli del vecchio mondo profondo. Quel poveretto a troppi libri aveva sacrificato il cervello, chi sa se sarebbe impazzito lo stesso ai tempi di Google. Me lo chiedo nel mentre il mio processo di trasformazione in mito o essere mitologico mai esistito deve essere già da un pezzo cominciato visto che ancora borbotto che io il mondo proprio non lo capisco. Mi sa che è tempo di espatriare sin da subito in quei territori sconosciuti descritti da Baricco.
“Anche la profondità è una creatura mitica. Di rado ne abbiamo costruite di migliori e più efficienti. In una sola parola si fissava l’eventualità di un luogo che dava senso a mille presentimenti, un intero sistema etico e una precisa idea di anima. Per almeno due secoli ha guidato quasi ogni nostro sentire. Tuttavia ora la stiamo abbandonando perché inadatta a decifrare il mondo contemporaneo. E’ un mito che si sta dissolvendo. Quando ancora viene usato per descrivere il reale, suggerisce mappe che, prese alla lettera, generano situazioni fastidiose, non di rado piuttosto comiche. Convinti di dover scalare pareti insidiose ci si trova davanti praterie. Dove la distanza è tracciata nell’ordine delle ore, si raggiunge la meta in qualche minuto. Disegnati con minuzia ammirevole e bellezza immutata, popolano quelle mappe fiumi disseccati, confini aboliti, splendide città ora in rovina e misteri da tempo svelati. E’ il continente della profondità. Negli spazi bianchi, là dove compare la splendida espressione hic sunt leones, noi siamo andati a vivere.”- Alessandro Baricco – Quel che stavamo cercando