E’ una domenica di fine febbraio e mi ritrovo qui, davanti a questo foglio bianco, pensando che dovrei scrivere dei momenti di mancanza di parole, degli intervalli in cui mi pare non ci sia più niente da scrivere, niente di nuovo da raccontare. Dovrei parlarne di questa difficoltà della mente, di quanto questa possa essere affaticata al punto da sentire scricchiolargli tutte le ossa. Con il corpo è semplice: un dolore qui, uno lì. Ma con la mente non è mai semplice districarsi, quando pare che finiscano le parole. Mi aggrappo alla testardaggine, alla volontà ferrea di percorrere il mio percorso accidentato. A dispetto di tutto, pure della mancanza di parole. E così ci provo a sfidare, sia il registratore, parlando di quanto sia difficile scrivere, pur se per diletto, sia questo foglio bianco, parlando dei momenti di mancanza di parole, mentre mi mancano le parole. La cosa ha una certa assonanza con quel messaggio di errore che mi si apre continuamente in un foglio excel di lavoro e mi avvisa della presenza dei riferimenti circolari. Sto lì a chiedermi dove diavolo si nascondano questi “cani che si mordono la coda” che non riesco proprio a scovare. Poi ci penso un po’ su, faccio decantare il pensiero per giorni e giorni, confidando nel trascorrere del tempo. Fino a quel momento in cui il concetto mi si chiarisce nella sua banalità di riferimento circolare: mi mancano le parole per descrivere la mia mancanza di parole! La cosa, me ne rendo conto, mal si concilia con gli oltre diciotto minuti di messaggio vocale in cui lo sproloquio iniziale delle mie lunghe premesse mi aiuta un po’ a riprendere il bandolo della matassa, solitamente ingarbugliata, per affrontare, cioè, proprio la mancanza di parole. Si delinea nuovamente questa storia del riferimento circolare: un grande spreco di parole, generato dalla mancanza di parole. Lo stesso mi pare che capiti sul foglio bianco. Insomma, nel caotico maxi riferimento circolare tra mancanza di parole e sproloquio di parole per descrivere la mancanza di parole, mi sopraggiunge in aiuto il buonsenso, quello che mi fa intravedere, seppur da lontano, cartelli con su scritto: “Stringi”, “Riassumi” ,“Dì quello che devi dire”, “Falla finita”.
Decido di stringere. Riassumendo, di dire quello che devo dire e di farla finita con lo sproloquio derivante dalla mancanza di parole. Mi decido cioè a scriverlo che mi capitano periodi in cui la vita mi costringe ad impiegare le mie energie in cose diverse dalle parole. Che, anzi, la vita a volte mi fa rimanere proprio senza parole! Ma la vita è vita anche senza parole. E alla fine queste bisogna solo saperle aspettare, che alla fine tornano sempre…Basta sbloccare…il riferimento circolare.