Quando guardo dai miei confini il mondo, io mi sento una umarell che, con le mani dietro la schiena, osserva i lavori in corso dei cantieri sparsi in giro. A un certo punto mi annoio e me ne torno a casa mia, lì dove mi piace fantasticare in più romantiche atmosfere, come quelle da belle epoque che mi ispira la statuina che ho sul mio comò, una dama dagli occhi placidi e tranquilli seduta su una poltroncina o, chi sa perché, sul ricordo della carta da parati con le roselline rosa antico della cameretta della mia infanzia. Questa credo che abbia un’essenza ben al di là di quella di semplice carta da parati con le roselline rosa antico. Forse perché nei petali delle sue roselline rosa antico ci si sarà sicuramente incastrato dentro qualche mio ricordo. Le questioni esistenziali oscillano sempre, del resto, su vari dilemmi, ad esempio sul se, quando e perché la realtà è evoluta verso l’irreale oppure se l’irreale possa effettivamente definirsi un’evoluzione del reale o, ancora, se la realtà morendo non si trasformi in irrealtà o se ciò può equivalere a dire che la vita vissuta si trasforma in passato e, dunque, in ricordo e che quindi, per la proprietà transitiva, la realtà della vita si trasforma nell’irrealtà del ricordo. Mi pare evidente un gran ambaradan di magagne, un bel miscuglio di questioni di matrice forse proustiana, che però portano a galla reminiscenze sulla realtà di altre letture.  Come le  pagine del libro  “Una stanza tutta per sé” dove  Virginia Woolf parla della realtà che è al contempo un pezzo di carta sul marciapiede e una strada polverosa ma che, a volte, “sembra nascondersi dietro forme troppo lontane perché ci sia possibile capire la loro vera natura”. Di quelle pagine e della descrizione che ne faceva, mi aveva non a caso colpito la versione della realtà della carta e della strada polverosa tanto che, quando ci ripensavo, mi appariva proprio una rivelazione, qualcosa che poteva essere non solo dietro l’angolo, ma addirittura sotto i miei piedi. Il problema è che io ho difficoltà ad acciuffare i concetti. Soprattutto, quando dalla vita pratica trasmigrano in qualche altro territorio, ad esempio nel campo filosofico o anche letterario. Insomma, perdo di vista il senso anche delle cose normali, così che se uno, per esempio, mi dice perchè non racconti una storia?  io mi chiedo ma che diavolo è una storia?

Insomma, una roba di questo tipo che, appunto, se uno mi chiede che cos’è per me la realtà io devo pensare alla carta sul marciapiede o a una strada polverosa benchè Virginia Woolf volesse dire ben altro, cioè che per capire a fondo quelle forme dietro le quali la realtà si nasconde, ecco,  servirebbe proprio un vero scrittore.

Share:

Leave a reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.