I profumi svaniscono presto, sono inconsistenti, impalpabili, eterei. Durano quella manciata che serve al naso per abituarsi ad essi e renderli inesistenti. Eppure, deve esserci qualcosa che sfugge all’abitudine che sembra ucciderli. Deve esistere un mantello magico che li rende invisibili, li annulla dalla visuale dell’olfatto ma che invece li ha solo nascosti. Quelli, ben camuffati e invisibili, se ne entrano di soppiatto nei circuiti nervosi, attraversano il naso e si vanno a sistemare in qualche zona del cervello, dentro qualche baule di memoria. Sono furbi i profumi. Approfittano dell’abitudine del breve periodo per impossessarsi di noi nel lungo periodo. C’era,  ora che ci penso, un profumo che sapeva di mare. Aveva questa nota salmastra che durante l’inverno mi riconduceva dritta al mare della mia adolescenza. La spiaggia di notte, la sabbia fredda sui piedi, il cielo nero e le stelle . Lo ricordo quel profumo, lo sento nella mente baipassando il naso. Lo dico io che quelli furbescamente ingannano. Sembrano svanire e invece si impossessano del nostro cervello. Comunque, Proust, Proust e ancora Proust, che è una grande ingenuità limitare e circoscrivere al profumo. Lui è nell’atmosfera, aleggia. Ti prende per mano e ti conduce nel giardino incantato della memoria, lì dove i ricordi stanno a galla come ninfee, su tutti i nostri io defunti.

Io chi sa quante volte sono defunta. Giaccio sotto i soliti stracci di vita dismessa e consunta. I miei io stanno allineati con le braccia incrociate sul petto. Riemergo da loro e sono sempre io con lo stesso identico modo di sentire e provare, ma non sono più io. La memoria si corrompe facilmente e stende le sue piume leggere sul manto erboso della vita vissuta. Lo ricopre tutto con la sua leggerezza e inconsistenza di piume leggere, fitte fitte quasi da diventare un manto di piume leggere su di un manto leggero di erba. La memoria corrompe, lima, taglia, aggiusta, riveste. Protegge come le copertine trasparenti dei libri di scuola per non far fare le orecchie. La memoria dimentica, è un colabrodo che lascia scivolare il brodo impuro della vita verso l’oblio e l’oblio è la salvezza, la valvola di sicurezza che purifica. Pezzi di io defunti scivolano via verso i buchi dell’oblio e al loro posto nuovi pezzi si sostituiscono, si intercambiano. Sono pezzi di un io nuovo che sente e prova in maniera nuova ed estende a ritroso il suo provare e il suo sentire cosicché se il sentire e il provare dovesse essere raggelato, refrigerato, un pochino ibernato, quella brina si estende anche sul sentire del vecchio pezzo di io e non si crede più che prima di essere defunto quell’io possa aver sentito e provato in maniera differente, anche solo un pochino meno congelata del suo essere, appunto, defunto. Poi però il profumo che si è insinuato nei circuiti nervosi viene casualmente risvegliato da una goccia di mare, da una punta di sale…

In riva al mare dei miei ricordi…

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