Nel ricordo di una lettura riemergono giornate di tempi simili tra loro.  Colori restati che ricordano colori perduti. E così per profumi, immagini e sensazioni che si sovrappongono tra loro, restati su perduti, pur non coincidendo più perfettamente. Mancano infatti pezzi, come se in un disegno con case, cattedrali e monumenti, ne fossero crollati alcuni. Sprofondati, polvere tornata alla polvere. Mi pare di osservare alla moviola il momento esatto del crollo e ascoltarne, provenendo chi sa da dove, il loro forte boato. In quel luogo disegnato a matita, dalla polvere tornata alla polvere, dai pilastri e monumenti mancanti del tempo restato sovrapposto a quello perduto, si insinuano nello scenario particolari improvvisi di cose e di colori. Ricordi di scarpe comode, calze color vinaccia, sorrisi abbozzati di qualche attimo rimasto immobilizzato, prigioniero in una fotografia. Il quesito del giorno è: una fotografia come si rapporta a un ricordo? E’ la sua materializzazione? E’ la trasposizione della memoria in un oggetto? E’ la consistenza fisica del tempo perduto? Tempo, tempo e sempre tempo. Il tempo è il protagonista indiscusso. Lo è quando mi chiedo che sarà mai il tempo, lo è quando è di tempo che ho bisogno, lo diventa quando è il tempo che manca, lo impersonifica quando il tempo è quello giusto. Il tempo. E’ sempre lui che si cerca, si respira, si annusa, si stima, si sente. Il tempo, che si piange quando è morto, che si cerca quando è perduto, che si rimpiange quando è mancato, che si ammira quando ci ammanta di vita. Il tempo che risorge in un ricordo si allunga, si modifica, cambia, come le forme delle nuvole nel cielo, che mi risponde con il gracchiare delle cornacchie. Rifletto, su una panchina di un parco deserto nel pieno dell’estate. Anche sull’opportunità di un gelato alla nocciola.

In riva al mare dei miei ricordi …

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