Devo prendere appunti su gelosia-amore-vita-sogno-tempo-ricordo. Vivere, leggere Proust e nel mentre vivere. La vita, dunque, nel mentre Proust. Devo correre a prendere appunti e fermare il pensiero, che è come un soffio leggero, scappa e corre via ad alimentare le nuvole del cielo, attraversandomi soltanto. Chi sa dove finiscono i pensieri, se mai esisterà la terra o il cielo di quelli perduti. Divago, ancora divago, mentre invece dovrei prendere appunti, ad esempio, su Francoise e sulla sua essenza, sul suo sentimento, sulla sua cattiveria. Cattiveria potrebbe essere la parola giusta? Forse, viste le sue gelosie per gli altri servitori, gli stratagemmi usati per allontanare anche quelli inoffensivi (povera, povera, povera sguattera incinta allergica agli asparagi che gli procurano le crisi d’asma), i pettegolezzi, gli sguardi biechi, le lamentele verso i padroni, tanto amati… In Francoise mi sembra concentrata l’ironia di Proust (i modi di dire, le parole solenni sbagliate, le credenze, gli atteggiamenti). Grazie a lei si scoprono cose importanti. Ad esempio che la verità si nasconde dietro le parole e che della verità dietro le parole non ci si può nemmeno fidare visto che della verità al di là delle parole non si può avere mai la certezza che si tratti della verità vera. Cosicché gli altri e i loro pensieri non sono altro che ombre vaghe e indistinte, che non si delineano, non si definiscono. Il cuore allora mi suggerisce che le mie velleità di scrittura potrebbero essere oggetto di verità ben differenti dalle verità che mi giungono dalle parole. Chissà quante verità si nascondono dietro le parole degli altri e chissà quanto mi ferirebbero le verità nascoste delle ombre vaghe e indistinte che sono gli altri e che si muovono in quel mondo parallelo e che…
…ma che m’importa, che m’importa! Anche se invece, forse, mi importa… Ci penso su mentre mangio un pezzetto di melone e, assaporandone la dolcezza, ripenso al piccolo lembo di muro giallo. Mi chiedo se un pezzetto di melone possa, con la perfezione del suo gusto, valere la pena, fermare l’essenza di un qualche senso. Proprio come il piccolo lembo di muro giallo di un quadro che, da solo e con la sua perfezione, parrebbe reggere l’universo del senso, a confronto del quale le parole dovrebbero trovare la loro essenza e non lo fanno, dando la consapevolezza a chi le ha scritte che si doveva fare di più, che si doveva raggiungere quel piccolo lembo di muro giallo in una frase che a me, per esempio, fa ripensare a quella sulla fine dell’estate con quella descrizione dell’ultimo giorno che contiene in sé l’anima di quelli già morti, ed è anche esso morto, decrepito, una mummia che il sole illumina, sciogliendola dalle sue bende…
E già, ma lui è Proust!
“E mentre Francoise toglieva gli spilli, staccava le stoffe dalle persiane, tirava le tende, il giorno d’estate ch’ella scopriva sembrava altrettanto morto e immemorabile d’una sontuosa e millenaria mummia che la nostra vecchia domestica avesse liberata con cautela da tutte le sue fasce, prima di farla apparire, imbalsamata nella sua veste d’oro.”
Alla ricerca del tempo perduto – All’ombra delle fanciulle in fiore di Marcel Proust
Immagine di copertina: Veduta di Delft – Johannes Vermeer
…In riva al mare dei miei ricordi