Le cose della vita spesso lasciano sensazioni forti dentro. Sentimenti non facilmente definibili. Come echi che da lontano sembrano richiamare ad antichi luoghi dell’anima. A cui non di rado farei volentieri a meno di prestare il fianco e le orecchie. Perché a volte queste cose della vita sono traditrici come il canto delle sirene di Ulisse.
Una di queste è per me il ricordo e il pensiero della commozione per la morte.
Sarebbe saggio se l’accettassimo sempre la morte, sia che essa arrivi presto, sia che arrivi tardi. Invece ogni volta che questo accade, sia che accada presto, sia che accada tardi, ci sembra sempre di subire un’ingiustizia, come se il destino, il cielo, Dio, si fossero accaniti verso di noi. Come se la morte fosse qualcosa che riguardi solo noi e non il resto dell’umanità tutta intera o come se la morte che riguarda noi sia diversa da quella che riguarda gli altri, come se fosse sempre più dolorosa o particolare o insopportabile di quella che colpisce l’umanità, appunto, tutta intera. Ci sentiamo traditi, come fosse venuto meno quel patto immaginario stretto quando siamo nati, con il quale chissà chi e che cosa avrebbe dovuto preservarci da quella che è poi la stessa vita. Non siamo affatto preparati o allenati alla morte. Ne scacciamo e ne temiamo il pensiero da quando entriamo nella vita. Lo allontaniamo come se non fosse parte della vita. E questo è un peccato, perché se fossimo più allenati ed abituati alla naturalità della morte, sia che essa arrivi presto, sia che essa arrivi tardi, se fossimo allenati ed abituati ad accettarlo quell’appuntamento sicuro senza data né ora, per noi stessi e per gli altri, riusciremmo sicuramente a viverla meglio questa vita.
Ma purtroppo non è, e forse non lo sarà mai, così. Perché davvero sembra che la vita non possa tollerarla la morte. Solo il tempo può aiutare la vita ad accettarla, la morte. Il resto sono solo parole. E quel che resta a chi resta è la commozione. Questo peso sul cuore che nel contempo ti svuota dentro e che niente e nessuno potrà mai alleviare.
Ci sarebbe da scrivere un trattato ma sai cosa penso io della morte : che è una liberazione da questo nostro inferno. Perché pensaci bene la nostra vita è già un inferno, è una valle di lacrime e una prova continua. Che tu creda o no a Dio è così . Guardati intorno tu pensi che le persone ricche e potenti detengono la felicità ??? Al contrario non si accontentano mai !! Ne posso fare di esempi . Sai come si vive finalmente sereni ? Solo quando ti rendi conto che questa vita è effettivamente una prova o una serie di prove e riusciamo a non scappare più da esse ma ad affrontarle in maniera serena sapendo che un giorno finalmente tutto finirà per poter iniziare veramente la vera vita. La felicità che molti cercano è “scappare dalle prove” senza sapere che ti affatichi inutilmente. Ecco che per me tutto ha un senso, nella semplicità delle cose, nella convinzione che un domani ci ritroveremo tutti perché anche quello è il paradiso. Il senso amaro della morte diventa speranza e convinzione in una vita migliore. Ecco perché ogni giorno prego Dio di perdonarmi per la mia condizione di uomo pieno di difetti e di darmi la forza di continuare a fare del bene al prossimo perché “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Come puoi alla fine non sperare in una vita migliore, come puoi non pensare che chi è già morto non sta adesso meglio di quando era qui tra noi ed io non vedo l’ora di vivere con loro questa felicità. Scusami se mi sono dilungato ma volevo semplicemente farti sapere ciò che penso della morte !
ciao
Grande Giamma!
E comunque caro Giamma da questa tua prospettiva da accettare sarebbe la vita, non la morte.
Giamma e’ molto bello e nobile quello che tu scrivi . E’ incredibile sentire che tu vorresti continuare a condividere la felicità con le persone che hai amato in questa vita . Ma da quale pianeta arrivano persone come te? Quale scuola ha impregnato il tuo cuore di un amore così puro ,così invasivo ,così straripante? Uno solo e’ il maestro al quale tu chiedi la forza di amare di più. Sei grande e piccolo. Sei ricco e povero. Sei saggio e umile. Sei forte e debole. Sei la colomba dell’arca pronta a spiccare il volo per portare la buona notizia.
Per Giamma da Rita
Se non ricordo male, San Francesco diceva”Sorella Morte”. È tutto dire!…
Infatti!
Per me non c’è vita se non c’è morte, sono due cose inscindibili. Dopo il giorno viene la notte, dopo la tempesta la quiete, dopo la pioggia il sole, dopo il pianto il sorriso. L’errore e’ nei termini usati per definirli questi due momenti di vita. Quando si prende una medaglia non pensiamo alle due facce, la chiamiamo medaglia, quando appare l’alba ad essa seguirà il tramonto. Ad un’anima che si apre alla vita seguirà un’altra vita che è nella vita stessa.Mi fermo qui non voglio più annoiarti con questi miei pensieri se pure sono riuscita a comunicarteli. Vita, sempre solo vita, anche se quando la medaglia gira noi non riusciamo a vedere più la parte capovolta. Rita
Io forse non scrivo bene ma il senso del mio commento è proprio accettare la vita. Accettare la vita include anche accettare la morte!
Scrivi bene visto che l’ho capito! E hai perfettamente ragione.