Guardare vecchie foto, in questi giorni lenti di quarantena, mi procura un senso di nostalgia che in qualche modo mi riconduce a tempi ormai lontani, facendomene rivivere le sensazioni (quelle migliori, che la memoria ha conservato). In questo piacevole amarcord da quarantena la fanno da protagoniste le mie amiche: quelle dell’infanzia, dell’adolescenza e, più in generale, della mia vita giovanile. Posto di rilievo in questa sfilata di sensazioni e ricordi è occupato da Giovanna, altrimenti detta Bat o, talvolta, Batwoman per via del suo cognome, appunto, Battista che oggi mi risuona proferito dalla voce del nostro professore di matematica, un omino piuttosto bizzarro che, alla prima avvisaglia di neve, si presentava in classe vestito di tutto punto in giacca e cravatta con degli enormi dopo sci a sbucargli da sotto i pantaloni. Di solito se ne entrava in classe con delle finissime uscite in dialetto del tipo: “Uagliù, vu v’aveta lava’! Domani, quant’è ver Iddio, porto na pompa, vi tolgo scarp e cauzettine e vi lav i piedi a uno a uno” che tradotto stava a significare, vista l’aria viziata della classe, “Ragazzi voi vi dovete lavare! Domani, quanto e’ vero Dio, porto una pompa, vi tolgo scarpe e calze e vi lavo i piedi ad uno ad uno”. Quando era allegro e di buon umore, il suo ingresso in aula era invece accompagnato da un italianissimo quanto trionfante: “Battista … un caffè!” che ovviamente, al pari dei doposci sotto i pantaloni e delle piu’ colorite espressioni dialettali, suscitava sempre e comunque la nostra ilarità.
Oggi ripenso a Giovanna e degli innumerevoli momenti vissuti della nostra amicizia mi viene in mente quando, prima delle interrogazioni di matematica, ci prodigavamo in riti scaramantici sotto il banco, che so a stringerci le mani, a toccare il ferro o ad appoggiare le mani l’una sulle gambe dell’altra in incroci assai improbabili che una volta ci valsero uno strabiliato “Che ho visto!” del professore. Di quell’amicizia, che andava oltre qualunque parola e che è decisamente oltre qualsiasi ricordo, oggi mi torna l’immagine racchiusa nelle parole del nostro professore di matematica che quella volta, fissandoci da sotto gli occhiali, proferì con perfetta dizione molisana: “Che ho visto! Battista che toccava le gambe a Te Plasio!!” E mi viene da ridere. Dio mio quanto ancora mi viene da ridere!