Ieri, all’uscita dall’ufficio, avevo la testa immersa in ragionamenti di ogni tipo, che spaziavano da concetti di carattere tecnico-economico a visioni piuttosto ampie, e non troppo circoscritte, di magagne esistenziali. In quaranta minuti credo di aver attraversato i confini della vita, esplorandone quasi tutti i 360 gradi. E così, partendo da ipotesi di calcoli matematici per l’aggiornamento di valori nel rispetto di principi contabili di bilancio, ho ripensato, non senza un po’ di nostalgia (indice certo di una qualche stramberia del mio cervello) alle query di Access, quelle che del mio passato lavorativo hanno costituito un solido pilastro, (che oggi come oggi non saprei nemmeno io dire come riuscivo ad impostarle, tant’erano strane e complesse), per arrivare a considerazioni sicuramente più attinenti alla realta’ della mia vita, come i vari dolori articolari che ultimamente mi affliggono le gambe o le tempistiche del cambio stagione in vista della primavera ormai giunta. Per non farmi mancare niente, poi, tra tutti questi strani pensieri, ci ho incastrato anche una buona dose di malumore, di quelli difficilmente definibili e delineabili che, non di rado,mi albergano dentro.
Devo pur sempre riconoscere che il benessere psicologico è fortemente vulnerabile, così dipendente da eventi da essere sempre e comunque in equilibrio instabile. Se a questo poi si aggiunge che, se dovessi paragonarmi a un animale, non esiterei a definirmi un picchio, piccolo uccello che con il suo becco picchia e ripicchia sempre nello stesso punto, direi proprio che il quadro si fa ancora una volta completo: mi ritrovo a seconda delle situazioni a picchiare e ripicchiare con costanza e il mio becco è il pensiero che prima o poi mi creerà (ammesso che non l’abbia già fatto) qualche voragine nel cervello.
La vita è dura per i picchi come me.
E poi, lo ammetto, scrivere a me fa male. Io l’ho sempre saputa questa cosa qua. Mi fa arrivare in alto ma poi mi scaraventa di nuovo in basso, in meandri profondi dell’esistenza che, davvero, sarebbe conveniente ignorare, lasciando che se ne restino lì, dimenticati da me, da Dio e dal mondo. Io è una vita che ci cado e ricado sopra su questa cosa. Perché non ce l’ho mica la fantasia giusta per allontanarmi. Mi incarto ed accartoccio su me stessa, come un foglio di carta bianca che uno si stringe tra le mani.
E quindi, alla fine, è proprio così che mi vado a sentire: un foglio non scritto e accartocciato, buttato anche in un cestino.
Tu, cara Alessandra, pensi troppo! Ma
è possibile mai che tu ti senta come un foglio accartocciato buttato nel cestino? Su,su sii più allegra!
Mi auguro che le feste pasquali ti abbiano rinfrancata un po’. Non ti puoi sentire come l’immagine che hai riprodotto. Sei una donna in gamba e piena di emozioni che riesci anche a condividere con gli altri. Sei forte!!!!!
P.s. le tue questo di access mi mancano tanto!!!
Intendevo query ma il correttore automatico ha deciso cosa scrivere 😉
Brava!
Grazie Giallu. Detto da te sinceramente mi fa piacere.