🖋Aprile l’anno scorso aveva più o meno la faccia di aprile di quest’anno. Sul calendario i fogli sono sempre quelli, un numero in più fa la differenza. L’aria profuma allo stesso modo, i colori delle giornate, anche quando il tempo è brutto, sanno comunque di primavera imminente. È tutto sempre molto simile ciò che lentamente e segretamente evolve, anche me stessa. Mi dicevo ieri che sono sempre io quella dell’aprile dell’anno scorso. Sono la stessa, nonostante il tempo sia entrato nelle mie cellule, nonostante gli odori, i colori degli Aprile della vita. Nonostante mia madre. Tutto questo ripetersi e rinnovarsi fa sì che la sua assenza riempia la sua assenza, ne tratteggi, cioè, meglio i confini. E’ come se sulla forma del corpo lasciata impressa su un divano soffice, lei ci si riadagiasse con contorni eterei di luce. Ecco, non voglio dire che vedo fantasmi. Nemmeno che la pazzia abbia cominciato a lasciare qualche indizio di esistenza. Mi sento perfettamente lucida nelle mie pratiche di vicinanza a mia madre, anche quando queste sfumano in territori fantasiosi e colorati, come i fiori che tutti i giorni sistemo accanto alla sua fotografia. Del resto, ora restano quelli. Da comprare, cambiare, seccare, conservare. Ci scrivo sopra a questa cosa di aprile, dei fiori e della morte di mia madre. Della mia distrazione. Ad esempio che me ne stavo sul mio letto a pensare che in fondo ormai ero grande, che sì, insomma, avrei potuto sopportarla la sua morte. Quella mi parlava a bassa voce nelle orecchie ma io ero così distratta e i tempi troppo poco sospetti per riuscire a sentirla. Confabulava alle mie spalle per cogliermi di sorpresa e io, dannazione, non me ne sono proprio accorta. Così è arrivata comodamente di soppiatto, senza fare nemmeno uno sforzo. La sua intenzione era mettere all’angolo la vita.
E Santo Iddio se c’è riuscita!