L’idea che non ci sono più le mezze stagioni si concretizza oggi nella temperatura piuttosto elevata che mi fa sentire approdata già al centro dell’estate. Mi immagino dolentemente in giornate afose a percorrere i miei passi sull’asfalto bollente di Roma da oggi fino alla fine di settembre e mi vengono in mente strane immagini di deserti infuocati, di immense distese di sabbia sotto il sole da attraversare nei prossimi quattro mesi e mezzo. Nel mentre, al pensiero, mi accaloro più del dovuto, mi rendo conto che la mia idea terrificante dell’estate non collima con quella della quasi totalità dell’umanità. Basta scambiare quattro chiacchiere con Antonio sul meteo per rendermene conto. Insomma, la mia percezione del caldo si rivela un tantino esagerata. A metà maggio siamo in effetti in piena primavera e la temperatura odierna è piuttosto in linea con quella della stagione in corso. La cosa, piuttosto che mitigare il mio malumore, lo amplifica alquanto, considerando quello che a lungo termine mi aspetta. Cerco di consolarmi pensando che, almeno i panni stesi, da oggi a fine settembre si asciugheranno in un battibaleno e potrò finalmente togliere di mezzo l’odioso stendino che girovaga per casa da una stanza all’altra. Nel mentre la prospettiva dell’imminente estate sembra mitigarsi con quest’altra dello stendino, mi sovviene alla mente che all’approssimarsi del primo anno di vita senza mia madre avevo in mente qualcosa di diverso di cui parlare. Celebrazioni e parole non meglio definite aleggiavano nella mia testa e nel mio cuore con la parvenza delle grandi cose. Poi la vita cambia le carte in tavola, modifica i programmi, prosciuga le parole. Scorro così il pensiero alla ricerca dell’argomento di riflessione alternativo anche se poi mi rendo conto che tutto, seppur come al solito sufficientemente aggrovigliato, segue sempre un filo del discorso definito. Un po’ come la vita, che si dipana, si sbriglia come un gomitolo e talvolta e per qualcuno è tutto lineare mentre talvolta per qualcun altro il filo si annoda stretto, stretto e fitto ed è difficile da slegare. La prospettiva come al solito sembra giocare un ruolo cruciale e potrebbe essere davvero un buon argomento su cui meditare. Mi chiedo così quale sia il modo migliore per prepararsi alle evenienze, sì, proprio quelle che niente e nessuno ti può sdrammatizzare. Quei drammi, cioè, veri della vita che sei tu solo in mare aperto a dover attraversare. In un mondo pieno di gente che cerca da qualcun altro di imparare a vivere, mi chiedo quanto poco ci si soffermi da soli sul ruolo della prospettiva. Che la vita è vita comunque la metti, con le cose belle e quelle brutte, con la gioia e il dolore, in salute e in malattia. E che forse il segreto per viverla, anche con tutto il dolore che si porta dietro, non può che essere, appunto, il giorno per giorno. Nel frattempo che penso questo mi torna alla memoria una canzone dei Pooh che ascoltavo ad un volume sufficientemente alto nelle cuffiette e che mi piaceva tanto e nel mentre la stavo cercando Pooh – Giorno per giorno mi sono imbattuta in una poesia di Ungaretti sul dolore Ungaretti – Giorno per giorno. Così, tra musica e poesia, il mio pensiero sconclusionato va comunque lì, dove doveva andare.