🖋 Mi concentro oggi sulla sensazione di calma che la Pimpa mi trasmette mentre guardo un suo disegno. La questione odierna mi si delinea con una certa chiarezza nello scavallamento piuttosto anonimo e indistinto della primavera nell’estate che, se non fosse stato per lei felice al mare, sarebbe passato del tutto inosservato. Mi rendo conto che l’unica immagine marina che mi procura una certa tranquillità è solo quella di Altan. L’irreale e colorato mondo della Pimpa mi pare nettamente più tranquillizzante delle spiagge affollate, calde e piene di sabbia. La Pimpa mi è sempre piaciuta, devo ammetterlo. Sono una fan di quei disegni animati, calmi, placidi e tranquilli. Delle musichette di sottofondo, della voce narrante e rassicurante di Armando. Oggi ho realizzato che l’unico posto in cui mi piacerebbe andare in vacanza questa estate è il mare della Pimpa. C’è da riconoscere un lieve miglioramento rispetto al cimitero, lugubre meta che mi ha invece attirato l’anno scorso. Qualche giorno fa mi chiedevo proprio quale genere di vacanza si sarebbe adattata allo stato d’animo attuale. Mi chiedevo, per esempio, se un eremo o uno di questi posti zen dove la gente si ritira in raccoglimento, una cosa del genere una settimana di silenzio, uno di quei posti dove per sette giorni non si parla, non si usa il cellulare, si va a dormire alle sette di sera, ci si sveglia alle cinque di mattina, si prega, si medita, si mangia poco, si beve molto, ecc… ecc… potesse fare al caso mio. Ho convenuto con me stessa che non sono sufficientemente elevata per trovarmi a mio agio in situazioni del genere e che le stesse mi metterebbero a disagio quanto una spiaggia affollata di Ostia. Sebbene tra i due estremi si potrebbero aprire e scoprire mondi, decido di archiviare la pratica delle vacanze bollandola per il secondo anno consecutivo. Così, considerando anche i vicinissimi pregressi di covid, pandemia e dintorni, mi percorre la sensazione che le vacanze siano solo per me diventata pratica ormai afferente ad un’altra vita. Non mi resta che rifugiarmi nello scenario tranquillizzante dei disegni della Pimpa, lì dove me ne vado fantasticando cose che solo io capisco (che chi diavolo mai le dovrebbe capire queste mie voglie di mari e soli finti e di musichette placide e dialoghi infantili tra Armando e Pimpa e tra Pimpa e Armando?) Nel mentre la mia mente si rifugia in questo mondo parallelo, l’altrui voglia di vivere esplode e a me sembra che lo faccia in maniera un tantino compulsiva. Cioè, in queste giornate con il caldo che mi fiacca, con l’energia espatriata non in un’altra patria bensì proprio in un altro pianeta, ecco che intorno a me tutto il mondo saltella, canta, suona, viaggia, balla, beve, esce, ride, urla, vive, schiamazza. Al punto che un po’ io me lo chiedo, da un paio d’anni a questa parte, che razza di pensiero bizzarro e psicotico deve animare i cervelli della gente, si proprio quella stessa gente che fino all’altro ieri era tutta monotematicamente posizionata su pensieri di morte, malattia, virus, contagi, terapie intensive, ospedali, vaccini, non vaccini, vax, no vax e chi più ne ha più ne metta e che ora così disinvoltamente è passata dalle mascherine direttamente al costume. Che sì, lo so, lo so, lo so che dopo due anni di questa vita ecco, la gente è stufa e si deve pur sfogare. Per carità non sia mai detto questo! Però su via, un accenno di bipolarismo io lo sospetto in questo oscillare così come se niente fosse tra morte e vita, malattia e salute, inverno e estate. Poi però io sono piuttosto senza forze per delinearla per bene questa mia considerazione. Sono anche troppo pigra per approfondirla. Me la lascio solo camminare per la testa, senza articolarla. Non la motivo nemmeno bene al punto che potrei essere suscettibile di critica. Così preferisco cambiare direzione, saltellare su di un altro argomento che mi si propone, come al solito, mentre sistemo la lavastoviglie. Ogni volta mi succede che il dio insito in me decida il destino di forchette, cucchiai e cucchiaini. Li appaio e spaio, li allontano e li avvicino. A volte se sono in due e ce ne appioppo vicino un terzo, dico tra me, chi sa che diavolo mi combinerà adesso questo. Poi passo alle tazze e alle tazzine e lì la vicenda si complica alquanto perché se per caso una mi cade dalle mani…apriti cielo…chi sa mai che mi metterei a pensare. Nel mentre me ne vado inseguendo questi piccoli bandoli di pazzia quotidiana ecco che mi arriva posta celere il disegno di Stefania: tazze e tazzine animate con sguardi piuttosto eloquenti e finanche una caffettiera un pò imbronciata. Penso allora che forse non sono poi così sola, a pensare le mie strane cose.