Me ne vado camminando per i vicoli della Garbatella, tra fiori e casette. Trovo finanche un numero 13 che decido di immortalare dopo sfilze di 17 che si sono frapposti al mio cammino. Lo scenario mi fa dimenticare di essere a Roma e, nonostante il caldo piuttosto infernale, mi mette di buon umore. Assaporo l’insolita letizia, forse dovuta anche alla calma di una giornata di ferie e mi congedo ad una passeggiata senza fretta, addirittura corredata da un messaggio vocale. Decido di registrarlo dopo aver completato l’iscrizione al liceo classico di Giulio, visto che la cosa mi si propone alquanto significativa. Penso, cioè, che l’evento è meritevole, abbia tutti i connotati di un argomento interessante. Mi fornisce oltretutto l’occasione di liberarmi di qualche fastidioso sassolino. Uno di quelli che se ne stanno dentro e in fondo alle scarpe chi sa da quanto. Volendo quantificarlo il tempo, ad occhio e croce, mi pare quasi un quarantennio. Svogliatamente mi faccio i conti e, in effetti, dai miei quattordici anni sono più o meno tanti quelli trascorsi. Un discretissimo numero di decenni, tali da farmi erroneamente pensare che certe cose di quei miei tempi fossero oggi superate, cioè che si fossero proprio del tutto evolute. Salvo accorgermi che quelle sono invece rimaste le stesse, cristallizzate nella loro pochezza, temporalmente ma anche geograficamente parlando. Le cose, cioè, poche e piccole provinciali di Campobasso, me le sono ritrovate tal quali, piccole e poche, a Roma, pure dopo tanti anni. Un po’ a dire che il provincialismo è un’attitudine del cervello, a prescindere se questo sia cresciuto e si sia formato in una piccola provincia o abbia goduto di maggiori spazi tipici di una metropoli. Insomma, la logica provinciale sembrerebbe non dipendere affatto dallo spazio. Così, senza limiti territoriali di sorta, il pensiero dominante e classista che solo quelli che studiano al liceo siano studenti di serie A, sembra non essere mai morto. A leggere di qua e di là, mi pare che lo stesso si sia addirittura rinvigorito. Così, pur essendo bravi nella vita, tocca rassegnarsi se non si è frequentato un liceo. Che se sei di serie B, sei di serie B pure se sei bravo mentre se sei di serie A, sei di serie A pure se sei un ciuccio cosiddetto matricolato. Viste come stanno le cose, non posso dunque che essere felice della scelta autonomamente fatta da Giulio di proseguire i suoi studi al liceo. Felicissima che sia addirittura quello classico. Non realizzerò per il suo tramite i miei sogni del cassetto. Semplicemente, visto quant’è dura cambiarlo il mondo, mi sento per lui solo un pochino più tranquilla.
“Mi piaceva leggere e scrivere lì, sul diario segreto con il lucchetto e le chiavette piccoline. Poi qualcosa deve essersi messo di traverso nel mio cielo. Come un passaggio a livello che improvvisamente qualcuno avesse tirato giù sul più bello. E da quello che sembrava dovesse essere il mio mondo, sono così approdata a quel che è stato il mio destino. Un salto da un capo all’altro di un discorso, come quando, che so, all’improvviso si decide di cambiare argomento.”
Di lato al giusto binario – Io gennaio me lo immagino bello